mercoledì 17 giugno 2015

'na botta de cinismo.

Oggi per vicende tristi che mi toccano sia da vicino che da lontano, ho fatto una riflessione lucida ma forse un po' amara sulle relazioni amorose: alla fin fine la dinamica che le governa non ha granché di diverso, a grandi linee, dal mondo del lavoro. Il che è triste, in effetti, ma togliendo la componente irrazionale e sentimentale che rende il tutto decisamente più piacevole che scegliersi una professione, se fosse più chiaro a tutti probabilmente eviterebbe tante delusioni e tante perdite di tempo.

Nessuno nasce sapendo già lavorare, eppure tutti sappiamo che il nostro destino è quello. Lavoreremo tutta la vita. Vorremmo farlo in maniera soddisfacente, in un posto che ci faccia sentire utili e gratificati, con uno stipendio alto e un orario comodo, in un posto in cui siamo valorizzati, possiamo crescere. Tutti sentiamo di aver diritto a un lavoro. Tutti sentiamo di essere bravi in qualcosa e vogliamo una professione in cui dimostrarlo.

Avere piena consapevolezza dei propri limiti e dei propri punti di forza professionali non è affatto banale. C'è chi proprio non ne ha colpa e non vede di essere impedito. Chi crede di saper fare bene il proprio lavoro e invece non ne ha un'idea. C'è chi è bravo davvero e lavora in un posto in cui è sprecato. C'è chi ha il posto fisso e passa il tempo a grattarsi l'ombelico. C'è chi è esattamente nel posto giusto e lavora lì per sempre e quando se ne va in pensione tutti piangono e gli regalano un bell'orologio. C'è chi apre partita iva per non sentirsi legato a nessun posto e potersene andare dall'oggi al domani a lavorare in Alaska a coltivare ghiaccioli. C'è chi lavora per tutta la vita in un posto che gli fa cagare e si accontenta. C'è chi è disoccupato e non se lo meriterebbe, e riceve solo proposte di stage non retribuito. C'è chi è disoccupato e se lo merita, e non fa altro che lamentarsi invece che occupare il tempo a riempire il curriculum.

Quando "non ci si trova" lavorativamente, il problema può essere da ambo le parti: ogni tanto è il dipendente che gonfia il curriculum e ti dice di saper fare cose che in realtà non ha mai visto in vita sua, oppure sembra competente ma poi scopri che è autistico o fa battute di merda; ogni tanto è l'azienda che ti chiede se sai usare "la suite Photoshop", o se sai programmare disegnare ballare la bachata e magari non ti dispiace anche dare una pulita all'ufficio e fermarti a dormire ogni tanto che così risparmiamo sul guardiano.

Gli stage servono per imparare e non per lavorarci tutta la vita. Se sai mettere a frutto le tue conoscenze, come valorizzare le tue competenze, ma soprattutto come dare il tuo contributo alla causa comune, prima o poi l'azienda seria arriva, che sia tu a mandare il cv o che sia un headhunter a contattarti.

Il tempo indeterminato non te lo regala nessuno.


Nessun commento:

Posta un commento