mercoledì 9 maggio 2012

Riflessioni tristi.

Oggi è stato trovato morto suicida Maurizio Cevenini.
E' la prima volta che una persona che conosco, seppure di vista, prende una decisione del genere.
Avendo sfiorato vagamente quel malessere che ti porta a fare una scelta così estrema, sono sbigottita e francamente incredula che una persona così immersa nella gente bisognosa di lui abbia sentito la morsa insostenibile del dolore al punto da non trovare nessuna via d'uscita. Aveva tante passioni, tanti interessi, ma la cosa che mi lascia più sgomenta è che era uno dei pochi, se non l'unico, politico che ammiravo veramente, a prescindere dal colore (visto che generalmente io tendo più a destra). Credo che ci voglia un talento incredibile e innato, una vocazione quasi religiosa di dedicarsi agli altri, che dovrebbe in teoria essere vissuta pienamente da tutti coloro che decidono di entrare in politica. Si diventa volenti o nolenti un esempio, una guida, in quel ruolo. Ci si identifica, ci si sente protetti, consigliati, "illuminati" da una figura politica carismatica.
Questo mi ferisce in maniera veramente profonda. Al di là del Cevenini uomo e tifoso, che ho salutato tante volte allo stadio, in Lunetta, al Falchi, e con cui avrò scambiato si e no dieci parole in tutto, al di là del Cevenini "prezzemolo" che vedevo in tutte le manifestazioni sportive e sociali, ma presenza vera e partecipativa e non ipocrita e di facciata, mi spiazza il Cevenini leader, il Cevenini moralmente mio sindaco, che non regge più il peso del ruolo che era "il sogno di una vita".
In questo periodo di crisi che tutti tanto sentiamo, l'idea che ci abbandoni una figura di guida è veramente devastante.
Su Twitter ho letto una frase che ha racchiuso in pochi caratteri quello che sento anche io fortissimo dentro: Cevenini era una di quelle persone che contribuiva più degli altri a farci sentire Bologna non come una città ma come una comunità. E' vero, è un tratto che ho sempre amato di Bologna, quello di sentirmi in una specie di grande famiglia in cui tutti conoscono tutti, è un tratto di Bologna che vivevo intensamente allo stadio, dove bastava indossare gli stessi colori per parlare con gente mai vista con la confidenza di una frequentazione quotidiana. Quello stesso spirito con cui ho sempre salutato il Cev e ci ho scambiato due parole, perchè era una persona alla mano che sembrava lì apposta per tenerci tutti uniti, qualsiasi fosse lo scopo.
Dopo una cosa del genere, avrei più che mai il bisogno intimo e fortissimo di stringermi attorno alle persone che amo, sentire che ci sono, far sentire loro che ci sono anche io. Il Cev aveva una moglie e una figlia e per quel che ne so io erano una bella famiglia, e lui ha lasciato un biglietto con scritto "pensate a loro". E' devastante una cosa del genere, perchè già la morte ci porta via a suo piacimento in maniera inevitabile e a volte imprevedibile le persone che amiamo, e questo mi fa sempre sentire così fragile ed esposta... l'idea che una persona così immersa nell'affetto abbia comunque sofferto al punto di decidere di abbracciare spontaneamente la morte e abbandonare tutto e tutti, mi fa sentire come se ci fossero scelte che sono veramente inevitabili, e ne ho paura.

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